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KANSAS | |||||||||
Osvaldo Guerrieri, Sulla Collina piove fantasia Magda Poli, Cinque Dorothy e un mondo meraviglioso Kiara Copek, Il Kansas di Dorothy nelle visioni di Fanny & Alexander Paola Gnesi, Cara Dorothy Rodolfo Sacchettini, Ciclone / Kansas Maria Dolores Pesce, "Kansas" e "Emerald City" Nicola Arrigoni, Padri e figli Loretta Masotti, Over the rainbow |
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Sulla Collina piove fantasia | |||||||||
Osvaldo Guerrieri, La Stampa, 8 giugno 2008 |
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Ormai ci siamo abituati. Il Festival delle Colline è un tumultuoso crocevia. Basta star fermi (ma per fortuna non stanno fermi Sergio Ariotti e i suoi collaboratori) e veniamo avvolti, perfino investiti, dalla corrente multipla dei linguaggi e delle forme che il teatro macina con implacabile voracità. Oltre al divertimento acrobatico di Mâtitube firmato da Christophe Huysman, il Festival ha presentato nella prima serata due spettacoli tra loro diversissimi ma in egual misura sconvolgenti. Kansas della giovane, ma agguerritissima compagnia romagnola Fanny & Alexander, è la seconda tappa che Luigi de Angelis e Chiara Lagani compiono nel mondo fantastico del Mago di Oz. E' un viaggio tra l'onirico e l'allucinato che Dorothy (la stessa Lagani, bravissima) compie all'interno di un museo. La Dorothy di cui parliamo è, in questo caso, una donna moltiplicata per cinque: da inserviente per le pulizie si trasforma in una signora elegante che s'innamora di un quadro, poi in una maschera che realizza un sogno, poi in una performer che ripete ossessivamente il suo numero, poi in una studentessa miope in evidente difficoltà di rapporto con le cose, infine è soltanto se stessa. Ora questa metamorfosi si esprime e si manifesta con una maniacale precisione del dettaglio e dentro un'atmosfera di imminente temporale, che ha una precisa corrispondenza simbolica con Dorothy, il cui cognome è non a caso Storm. E con la pioggia che improvvisamente cade sul boccascena dell'Astra come un sipario d'acqua si fa strada l'idea dell'arcobaleno della famosissima canzone che dice: "Somewhere over the rainbow...", mentre tutto sembra impazzire, i quadri ruotano su se stessi come eliche, la pedana s'allontana, il tuono ingigantisce, gli schianti deflagrano. (...) |
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Cinque Dorothy e un mondo meraviglioso | |||||||||
Magda Poli, Il Corriere della Sera, 13 luglio 2008 |
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La campagna del Kansas in cui vive Dorothy la protagonista del Mago di Oz film del 1939, ispirato al primo dei 14 libri di Oz di Frank Baum, si trasforma per la compagnia Fanny & Alexander, nell'ideazione di Chiara Lagani e Luigi de Angelis, in un museo. Ed è in una scena seppia e grigia, tra i ritratti di donne di celebri pittori che cinque Dorothy cercano il loro mondo meraviglioso "over the rainbow", come recita la famosa canzone cantata nel film da Judy Garland, in uno spettacolo dai tratti onirici, Kansas, che unisce l'inventiva visionaria a un rigore i cui segnali formali sembrano, a tratti, sconfinare in un ricercato intellettualismo. Kansas, che ha debuttato al Festival delle Colline Torinesi, è un'ulteriore tappa di un progetto articolato in 6 spettacoli. Non è certo l'ordine cronologico-narrativo a interessare i Fanny, la loro ricerca corre verso il cuore dell'opera disegnando percorsi che sono tangenti di significato, esplorazioni e approfondimenti di emozioni, sovrapporsi di segni in sciarade di evocazioni. In un'atmosfera di incombente temporale, Dorothy donna delle pulizie, Dorothy colta e elegante, Dorothy maschera, Dorothy che ripete un passo di danza che ossessivamente si trasforma in un inciampo, Dorothy studentessa timida e miope, tutte interpretate da Chiara Lagani, cercano di catturare il loro attimo di verità in bilico tra sogno, desiderio e realtà. Alla fine il temporale scoppia, i quadri vorticano diventando spirali che tutto inghiottono, il museo svanisce e compaiono Him, l'Hitlerino inginocchiato, Charlie il bambino con le mani inchiodate da due matite al suo banco di scuola (evocazioni di due opere di Maurizio Cattelan) e un minaccioso piccolo carroarmato, sono i nuovi compagni di viaggio di Dorothy, non più rassicuranti figure fantastiche, ma inquietanti, tangibili segni di un mondo di violenza e costrizione. |
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Il Kansas di Dorothy nelle visioni di Fanny & Alexander | |||||||||
Kiara Copek, Krapp's Last Post, 14 luglio 2008 |
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Lo spettacolo di Fanny & Alexander è ambientato in un museo, una galleria d’arte in cui sono esposti cinque quadri, cinque ritratti di donna. Saltuariamente partecipano all’esposizione due opere di Maurizio Cattelan: Him, il celebre piccolo nazista e Charlie Lo spettatore che, come chi scrive, non ha assistito ai precedenti lavori su Il mago di Oz trova il connubio con le opere di Cattelan un po' forzato, e l’ambientazione nel museo a servizio di un’intuizione non ben approfondita. Il riferimento è, in particolare, alla figura di Hitler: pur essendo indicata l’associazione del Mago di Oz al piccolo nazista di Cattelan - personaggio che da fuori sembra enorme ed imponente mentre da vicino è piccolo e inginocchiato (come nel film di Oliver Hirschbiegel, La caduta) -, in Kansas non si chiarisce se il piccolo Hitler interpreti il Mago di Oz: non pare l’artefice di nulla, se non dei cambi scena, volutamente a vista con l’unico spostamento del palco verso il fondo. |
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Cara Dorothy | |||||||||
Paola Gnesi, Nero su Bianco, nr. 4, Santarcangelo, 15 luglio 2008. Redazione a cura di Altre Velocità / Suole di vento |
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Cara Dorothy, ti scrivo per darti alcune indicazioni che ti serviranno quando entrerai nella galleria d’arte. Prima di tutto tieni presente che in quella galleria non è vero che c’è silenzio: c’è un turbine di lingue di fuoco che urlano a
squarciagola, che ti assorderanno senza che tu riuscirai ad accorgertene. Quando ignara seguirai il percorso della mostra, ti ritroverai di fronte a un muro pieno di
sguardi, dove tanti occhi ti si scaglieranno contro e tu sarai l’unico punto di “arrivo”, non di fuga. Saranno tutti concentrati su di te. Stai attenta perché non ci sarà niente di immobile in quel crocicchio di quadri: gli sguardi saranno come aghi che
ti pungeranno, ti strazieranno. Mentre guarderai innocentemente la targhetta di un
quadro, sanguinerai dal naso e dal pube, come se, violentata,
ti ritrovassi incinta di una nuova creatura. Forse è così Dorothy, sarai mamma di una nuova idea di arte, sarai la pioniera di questa esigenza di cambiamento che si respira nell’aria, e che forse nell’aria rimarrà, nascosta in quel vortice di
sguardi. Forse dietro a quel muro di quadri, tu sei diventata
lo strumento di un cambiamento. Però nessuno ci crederà: molti
occhi gireranno impazziti, si animeranno in un movimento rotatorio sempre più veloce, un vero ciclone, fino a far perdere i
propri contorni e cercheranno di depistarti con tempeste di
immagini lanciate su dei binari in corsa. Però non ti angustiare perché dietro alle tue spalle c’è qualcuno che ti sostiene e che non ti ferirà, ma tu non puoi vederlo. Forse finirà schiacciato come te, da quella cruenta esplosione di sguardi
contrari o forse è proprio vero che “da qualche parte al di là dell’arcobaleno c’è quel paese che abbiamo sognato”. Non si sa.
Per ora piove sul bagnato Dorothy, però Charlie con le sue indicazioni geografiche ci potrà aiutare e poi del resto è sempre
meglio la terra bagnata che l’arsura, no? |
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Ciclone / Kansas | |||||||||
Rodolfo Sacchettini, Nero su Bianco, nr. 4, Santarcangelo, 15 luglio 2008. Redazione a cura di Altre Velocità / Suole di vento |
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Nella calma piatta, quando tutto è pacificato e la realtà è accettata così com’è, senza contrasti e senza crisi, il vento ha smesso di soffiare e l’immobilità non lascia spazio ad altro se non al silenzio. Nella bonaccia cova il male, un virus distruttivo pronto a esplodere e nella casa grigia sembra non ci siano più finestre per guardare e porte per uscire. Aspettiamo allora il ciclone, la tempesta che porterà distruzione e dolore, ma che - se ben governata - sarà l’unica via d’uscita possibile. È liberando “crudeltà” e “grazia”, tramite un’arte capace di “rivoluzioni” radicali che sarà possibile attraversare le tante linee d’ombra che attendono passaggi, immersioni, sfide. Il “mito” di Dorothy si lancia nell’occhio del ciclone scontrandosi con un mondo inchiodato a un banco di scuola, a una mappa geografica e a un carrarmato giocattolo. Saremo noi “testimoni” all’altezza della sfida? Saremo capaci di nutrire le virtù del fegato, del cuore e del cervello? Riusciremo a tener lontano da noi il “potere” in tutte le sue forme? E soprattutto, sapremo guardare con occhi nuovi e “attenzione”, all’umile realtà delle cose? |
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"Kansas" e "Emerald City" | |||||||||
Maria Dolores Pesce, www.dramma.it, 19 luglio 2008 |
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Il gruppo ravennate presenta a Santarcangelo due tappe del suo OZ-Project, viaggio nel mondo letterario di Dorothy e del mago di Oz. Il progetto si va sviluppando dal 2007 e si prevede potrà concludersi nel 2010 al Romaeuropa Festival. E’ una ricerca di senso oltre e al di là del linguaggio, quella che Fanny & Alexander tentano con questa loro peripezia, che però non annichilisce il linguaggio verbale ma lo trasfigura in segno morfologico o in movimento scenico. Kansas, ovviamente, è il luogo da cui parte il periplo del mondo come ci appare ed in questa drammaturgia Chiara Lagani e Luigi de Angelis mettono in scena le possibilità, le innumerevoli possibilità di fuga consentite dalla trasfigurazione onirica della propria personalità. È Dorohoty la protagonista, anzi cinque diverse Dorothy accomunate dall’attesa di una trasformazione, dall’attesa dell’uragano che le farà evadere. Lo specchiarsi nella propria identità, simbolicamente rappresentata dai quadri alla parete di un immaginario museo, è il primo passo per andare, come Alice, oltre lo specchio di ciò che si appare, in direzione di ciò che si è. La rotazione improvvisa e irresistibile dei dipinti, come un uragano appunto, innesta il movimento lontano dal Kansas verso Oz e oltre l’Arcobaleno. Con Emerald City, in scena un bravissimo e stoico Marco Cavalcoli, invece il gruppo indaga le apparenze e la duplicità di senso proprie di ogni linguaggio verbale. Oz è raffigurato con le fattezze e i caratteristici baffetti di un giovane dittatore ben conosciuto, “Him” in scena, impegnato a sedimentare in linguaggio fisiognomico il senso ultimo delle parole che dal mondo si accalcano intorno alla sua figura inginocchiata. Come scrivono gli autori “è una forma di esercizio sull’impotenza delle parole di fronte alla complessità del pensiero”. Tutto è così tradotto nella materialità della espressione umana, che alla fine si rivelerà però, anch’essa, incerta e duplice come i colori delle lenti degli occhiali 3D che siamo invitati ad indossare. Un’altra drammaturgia in transito, come quella ispirata alla Ada di Nabokov; che costruisce il suo significato nella lontananza della prospettiva, quasi a confessare l’attuale difficoltà del teatro a “significare” e comunicare nel qui e ora della scena. |
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Padri e figli | |||||||||
Nicola Arrigoni, Sipario, nr. 711, ottobre 2008 |
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Il teatro? Una famiglia allargata nel divenire dei linguaggi, dove artisti e spettatori giocano il loro ruolo ugualmente fondamentale di autori. Drodesera Fies, ogni anno con maggiore convinzione e rigore, conferma l'idea performativa del teatro, ovvero quel hic et nunc dell'essere in scena che non chiede di essere racconto ma che pretende di esser-ci e basta. Drodesera Fies riesce ogni volta non solo a raccogliere in dieci giorni di intensa programmazione festivaliera quelli che sono i protagonisti della ricerca italiana ed europea, ma a fornire un indirizzo sullo stato dell'arte della contemporaneità. L'ex centrale elettrica si trasforma in uno spazio scenico multiforme, a tratti imprevedibile, parte integrante degli spettacoli, o meglio delle performance che ospita, una sorta di casa mutante per una famiglia d'artisti che ha trasformato dall'interno i meccanismi di relazione, fino all'atto ultimo e di antica ribellione in cui i figli sacrificano il padre/regista, come accade nella performance conclusiva Storia contemporanea dell'Africa vol. III della Socìetas Raffaello Sanzio. Padri e figli Noi siamo una famiglia é il tema dell'edizione 2008, una famiglia che è cambiata dall'interno, s'è allargata, forse disgregata, ma è pur sempre famiglia di cui artisti e spettatori fanno parte, la famiglia di un teatro che non teme di accogliere corpi estranei, linguaggi altri, non teme di chiedere allo spettatore di giocare un ruolo relazionale non più di voyeur ma di autore/attore. Ed è questo mutamento di relazione che racconta a suo modo Drodesera nell'ospitare gruppi - più o meno consolidati - di quel teatro performativo che abbisogna - un po' come accade nell'arte contemporanea - dell'apporto sodale all'atto artistico a cui assiste. |
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Over the rainbow | |||||||||
Loretta Masotti, Tempo Libero, nr. 52/53, novembre-dicembre/gennaio-febbraio 2009 |
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Il Kansas della compagnia ravennate "Fanny & Alexander" è una galleria d'arte con cinque ritratti di donna accomunate da un nome: Dorothy. |
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Spettacoli Discorso Grigio | T.E.L. | WEST | NORTH | SOUTH | EAST | Emerald City | K.313 | AMORE (2 atti) | HIM | Dorothy. Sconcerto per Oz | Heliogabalus | Vaniada | Lucinda Museum | Aqua Marina | Ardis II | Ardis I | Alice vietato > 18 anni | Requiem per spazi monumentali | Romeo e Giulietta - et ultra | Ponti in core Approfondimenti |
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