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Alberto Sebastiani, In radio la forza di Lawrence d'Arabia

       
       

    In radio la forza di Lawrence d'Arabia
     

Alberto Sebastiani,C@ffè letterario.Bo, www.caffeletterario-bologna.blogautore.repubblica.it, 16 ottobre 2011

     

 

     

Due attori, due città diverse: Chiara Lagani al Teatro delle Passioni di Modena e Marco Cavalcoli al CanGo (Cantieri Goldonetta) di Firenze. Sono in collegamento via internet, per un dialogo a distanza. E poi c’è Bologna, terzo vertice del triangolo, dove va in onda su Città del Capo un radiodramma condotto da un cronista, Rodolfo Sacchettini, che mette in comunicazione i due attori e molto altro.

Lo spettacolo teatrale, scritto dalla Lagani, s’intitola TEL, acronimo di Thomas Edward Lawrence (Lawrence d’Arabia). Il radiodramma, con debiti a Infinite Jest di Foster Wallace, prende la forma di un gioco di ruolo e s’intitola 338171 TEL (il numero di matricola di Lawrence nella Royal Air Force). Il progetto è di Fanny & Alexander e il regista Luigi de Angelis spiega al microfono di Piero Santi che «è nel cassetto dal 2000, da un viaggio in Siria, Giordania e Israele con Chiara e Marco». E che «il motore di tutto è il dedicarsi a una causa».

Alle 21,30 si parte. Squilli di telefono. «Firenze mi senti?», Firenze risponde. «Allora cominciamo?», parte un conto alla rovescia, da dieci, e allo zero parte una terza voce, che annuncia l’inizio di 338171 TEL. Un gioco, «simula una guerriglia tra due blocchi»: da un lato Inghilterra e Francia, dall’altro Turchia e Tedeschi. In mezzo, gli Arabi. L’attore è l’esercito del blocco, e TEL è la figura simbolo del gioco.

Primo intermezzo: intervista a Mirto Baliani, autore delle musiche, la cui ricerca è partita «dai materiali registrati dagli etnomusicologi negli anni ’50 e ’60: musiche, canti religiosi, di guerra, per matrimoni e riti delle aree attraversate da Lawrence».

L’inviato a Firenze, Mauro Stagi, racconta che «il giocatore riceve comandi a ripetizione a gran velocità e li esegue». Una voce femminile di sottofondo, salgono musiche tribali, la voce ripete più volte parole come «sorridi», «rallenta», «pugni in alto».

Secondo livello: dialogo libero sulla storia. Bisogna conquistare Damasco (è lo scopo del gioco). Possono vincere gli Inglesi, resistere i Turchi, o entrare in città gli arabi («altamente improbabile»). Da Modena, voce femminile, l’Inghilterra: «ci sei?», risponde una voce maschile (Lawrence). La donna: «non ho ancora capito se sei un ribelle o un deficiente», com’è possibile essere fedele all’Inghilterra e all’Arabia insieme? Nel dialogo Lawrence scopre gli interessi europei nella guerra per l’Arabia, e di essere una pedina del gioco. Ma «un uomo può essere tutto quello che vuole, l’hai detto», dice la donna.

Secondo intermezzo: intervista a Francesca Mazza. Racconta la sua esperienza di gioco, il discorso pubblico con cui aveva dovuto chiedere di porre fine a un conflitto, ricordando che «i concetti di forza e debolezza si scambiano in continua alternanza», e che «il gioco sta continuando, e continuerà, indipendentemente dall’abilità di chi partecipa. Forse è il meccanismo stesso del gioco che trionfa».

Terza prova. Gli arbitri assegnano ai giocatori nuovi personaggi: François Georges Picot e Mark Sykes, autori dell’accordo del 1916 tra Francia e Regno Unito per stabilire l’influenza in Medio Oriente dopo la Prima guerra mondiale. Nome per l’accordo? «Termine Eternamente Lontano», il cui acronimo…

Terzo intermezzo: intervista a Fiorenza Menni su “Civile”, “gioco” che compone e dissemina pensieri e interventi teatrali per la città. «È un gioco creato con Elena Di Gioia, nato per ridisegnare la città, creare possibilità di collegamento, nuovi incontri, nuove parole. Sono città diversamente presentate, e la sfida più imponente è su Bologna».

Finale, da Firenze. Il generale britannico Allenby e la conquista di Damasco. «Le illusioni possono essere molto potenti». «Il mondo è estasiato al pensiero della città di Damasco liberata da un’armata araba. Tutti gli uomini sognano. Quelli che sognano di giorno sono pericolosi. Perché? Perché può darsi che recitino il loro sogno ad occhi aperti, per attuarlo. I nostri regni sono vivi nell’immaginazione», dice tra scoppi, esplosioni, fischi, voci di massa, colpi di spada.

Ma il cronista lascia al radiospettatore una domanda: «se la mancanza di regole diventa la regola, il gioco è ancora valido?»

       
       
       
     

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