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Salons è una rubrica di commenti, interviste, immagini disparate su cui viene elaborata prosa. Cronache di visite immaginarie, visioni, recensioni, stemmi, ninnoli, celebri quadri, disegni, frammenti di templi et cetera. In questo numero il testo di una conferenza tenuta da Magritte nel 1938 al Mesée royal des Beaux-Arts d'Anvers, e un'intervista a proprosito di uno strumento musicale piuttosto sconosciuto: l'Ondes Martenot. |
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LA LIGNE DE VIE di René Magritte UNO STRUMENTO SIMILE ALLA VOCE UMANA intervista a Bruno Perrault di M. Arevalos |
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di René Magritte traduzione di Michela Sammarone |
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Signore, Signori, Compagni, La vecchia domanda: Chi siamo? trova una risposta piuttosto
deludente nel mondo in cui dobbiamo vivere. Infatti non siamo altro che
i soggetti di un mondo che si dichiara civilizzato, in cui lintelligenza,
la mediocrità, leroismo, la stupidità, coesistendo
in armonia gli uni con gli altri, sono, a turno, allordine del giorno.
Siamo i soggetti di un mondo incoerente e assurdo, in cui per impedire
la guerra vengono prodotte armi, in cui la scienza è utilizzata
per distruggere e costruire, uccidere e allungare la vita dei moribondi,
in cui lattività più folle agisce come un paradosso
al contrario; viviamo in un mondo in cui ci si sposa per denaro, in cui
si costruiscono palazzi che marciscono abbandonati di fronte al mare.
Questo mondo si regge ancora in piedi bene o male, ma già possiamo
veder brillare nella notte i segni della sua rovina imminente. Per quegli
uomini che un simile stato di cose non infastidisce e che anzi approfittano
tranquillamente di questa situazione, ripetere queste ovvietà potrà
sembrare ingenuo e inutile. Coloro che vivono di questo disordine, aspirano
a consolidarlo e, poiché gli unici mezzi compatibili con il disordine
sono dei nuovi disordini, queste persone, risistemando la facciata del
vecchio edificio con il loro cosiddetto realismo, contribuiscono,
senza saperlo, ad accelerare il suo crollo imminente.
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Durante la mia infanzia ero solito giocare con una bambina nel vecchio
cimitero abbandonato di una città di provincia. Visitavamo le tombe
sotterranee di cui riuscivamo a sollevare le pesanti porte di ferro ed
uscivamo risalendo alla luce dove un artista-pittore, arrivato dalla capitale,
dipingeva in un viale molto pittoresco con le colonne sgretolate in pietra
e con le foglie morte sparse per terra.
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Labitudine di parlare per i bisogni immediati della vita impone
un senso limitato alle parole che designano gli oggetti, sembra che il
linguaggio quotidiano fissi dei limiti immaginari allimmaginazione. Un oggetto non dipende dal suo nome a tal punto da non poter trovare
un altro nome che gli si adatti meglio. Una notte nel 1936, mi svegliai in una camera in cui cera una gabbia
e allinterno un uccello che dormiva. Per un magnifico errore, vidi
che luccello era sparito e che al suo posto, nella gabbia, cera
un uovo. In quelloccasione scoprivo un nuovo sorprendente segreto
poetico poiché la sensazione che provavo era provocata esattamente
dallaffinità tra i due oggetti: la gabbia e luovo,
mentre prima creavo questa sensazione facendo incontrare degli oggetti
che non avevano niente in comune.
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Il problema della finestra diede
alla luce La Condition humaine. Davanti ad una finestra vista
dallinterno di una camera, misi un quadro che rappresentava esattamente
la parte del paesaggio nascosta dal quadro. Quindi, lalbero rappresentato
sul quadro nascondeva lalbero che si trovava dietro di esso, fuori
dalla camera e, per lo spettatore, lalbero si trovava sia allinterno
della camera, sul quadro, che nel paesaggio reale allesterno, grazie
alla forza del pensiero. È così che vediamo il mondo, lo vediamo
allesterno di noi stessi e, ciononostante di esso abbiamo soltanto
una rappresentazione in noi. Allo stesso modo, fissiamo nel passato qualcosa
che accade nel presente. È allora che il tempo e lo spazio perdono
il loro senso più superficiale di cui solo lesperienza quotidiana
tiene conto. [
] Per quanto riguarda la luce, ho pensato che, visto che essa ha il potere di rendere visibili gli oggetti, la sua esistenza si manifesta solo se questi ultimi accettano la luce. Senza la materia, essa è invisibile. Mi sembra che ciò sia evidente in La lumière des coïncidences in cui un oggetto qualunque, un busto di donna, è illuminato ad una candela. Sembra che sia loggetto illuminato stesso a dar vita alla luce. [ ] La donna portò alla creazione di Le viol: un viso di donna formato dal suo corpo. I suoi occhi sono dei seni, il naso un ombelico e la bocca è sostituita dal sesso. Il problema delle suole mostra come le cose più bizzarre diventino, per la forza dellabitudine, assolutamente normali. Grazie al Modèle rouge, si comprende che lunione di un piede umano e di una suola di cuoio deriva in realtà da unusanza mostruosa. In Le Printemps éternel, una ballerina sostituisce il sesso di un Ercole addormentato sulla riva del mare. Il problema della pioggia provocò lapparizione di grandi nuvole che sinnalzavano sul sole in un paesaggio di campagna sotto la pioggia. La Sélection naturelle, LUnion libre e Le Chant de lorage sono tre realizzazioni di questo tema. Lultimo problema di cui mi sono occupato fu quello del cavallo. Ancora una volta, nel corso delle mie ricerche, i fatti mi dimostrarono che conoscevo già da tempo, nellinconscio, la cosa che doveva essere riportata alla luce. Infatti, la prima idea era la stessa di quella attuata nel lavoro finale, ma allinizio la percepivo solo in maniera vaga. È lidea di un cavallo che porta tre masse informi di cui compresi il significato soltanto dopo una serie di tentativi e desperimenti. Feci un oggetto composto da un barattolo e da unetichetta con limmagine di un cavallo e, con i caratteri della stampa, aggiunsi la scritta Confiture de cheval. Poi mi dedicai ad un cavallo in cui al posto della testa cera una mano che con lindice mostrava la direzione, ma mi accorsi che quellimmagine era solo un equivalente del liocorno. Indugiai a lungo su un insieme seducente: in una camera nera misi unamazzone seduta vicino ad un tavolo con la testa appoggiata su una mano e con lo sguardo sognante rivolto ad un cavallo paesaggio. La parte inferiore del corpo e le quattro zampe del cavallo avevano i colori della terra, mentre da una linea orizzontale posta allaltezza degli occhi dellamazzone, il crine del cavallo aveva i colori del cielo e delle nuvole. Infine lelemento che mi mise sulla strada giusta fu un cavaliere nella posizione che assume quando monta un cavallo che galoppa. Dalla manica del braccio proteso in avanti usciva la testa di un centauro di razza mentre laltro braccio teneva indietro un frustino. Al fianco del cavaliere misi un Pellerossa nella stessa posizione e allimprovviso afferrai il senso delle tre masse informi che avevo messo sul cavallo allinizio delle mie ricerche. Capii che erano dei cavalieri e terminai La chaîne sans fin. In unatmosfera di terre deserte e di cieli oscuri, un cavallo che simpenna e porta in groppa un cavaliere moderno, un cavaliere della fine del Medioevo e un cavaliere dellAntichità. [ ] |
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Uno strumento simile alla voce umana di Matteo Ramon Arevalos traduzione simultanea di Michela Sammarone La produzione Ada (n.d.r. Ardis I di Fanny
& Alexander ha debuttato il 23 giugno a Ravenna Festival) in cui noi
due suoniamo dal vivo pianoforte e Ondes Martenot, è stata, tra
le altre cose, unoccasione per me, per gli attori, ma anche per
il pubblico, credo, per confrontarsi con uno strumento non proprio conosciutissimo.
Dunque è unoccasione anche per parlarne brevemente, se vuoi. Sì, ma già nel 1989 F. Cochet, professoressa di Ondes Martenot al Conservatorio di Strasburgo, mi ha fatto scoprire lOndes Martenot. Ed è stata davvero una scoperta incredibile per me, è stato linizio di un percorso di avvicinamento ad uno strumento che, di fatto, è uno strumento elettroacustico, precursore degli strumenti elettronici contemporanei, ma che allo stesso tempo, anche se moderno, era già per me, come devo dire antico. Ho proseguito poi lo studio dellOndes Martenot con V. Hartmann Claverie, e con J. Loriod. Dunque ho cominciato ad approfondire, negli anni, la conoscenza di questo strumento, ho preso ad amarlo profondamente e a costruirmi un repertorio di brani. Ho avuto occasione di constatare nel corso del nostro lavoro insieme per Ada che in Italia non solo il pubblico, ma anche gli stessi musicisti non conoscono bene lo strumento che tu suoni, se non per sentito dire. Al termine delle rappresentazioni cerano sempre processioni di spettatori incuriositi, che ti chiedevano di mostrarlo, di suonarlo brevemente. So anche che ci sono pochi ondisti nel mondo. Cè molta curiosità dunque attorno a te, questo strumento è un oggetto misterioso. Come vivi tu tutto ciò? LOndes Martenot è poco e mal conosciuto anche in Francia. Il problema risiede nellorigine stessa dello strumento. Maurice Martenot che ha inventato questo strumento nel 1928 è come, non so spiegarlo, come se lavesse creato per se stesso, per il piacere personale di suonarlo. Non ha mai voluto rivelare i segreti della fabbricazione dello strumento: era sempre lui che seguiva tutto liter, dalla costruzione alla manutenzione. E i musicisti che decidevano di suonare questo strumento erano obbligati anche a possederlo, sarebbe stato impossibile altrimenti andare avanti nello studio per loro. Ma questa scuola era molto locale. I musicisti stranieri, quelli che venivano dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Svizzera, e che ebbero la fortuna di studiare con Martenot o con J. Loriod poi, hanno portato nei loro paesi la conoscenza di questo strumento. Ma il problema di fondo sta proprio in questa modalità ristretta della fabbricazione dello strumento: pochissimi sanno costruire questi strumenti, dunque pochissimi strumenti esistono al mondo, e pochissimi ondisti, di conseguenza. Dunque ci sono ancora molti paesi in cui lOndes Martenot è qualcosa di quasi sconosciuto e misterioso, non solo lItalia. Ma devo dire che ho ricevuto unaccoglienza davvero straordinaria: il pubblico qui è curioso, affascinato da questa nuova sonorità. Parlaci dello strumento in maniera più tecnica, come descriveresti come è costituito a chi non lo conosce? Io dico sempre che lOndes Martenot è uno strumento elettronico
che fa dimenticare di esserlo. Molte persone sono veramente sorprese quando
sentono questo suono, perché non riescono ad immaginare come un
suono del genere, sensuale e anche simile alla voce umana, capace di glissare
per microtoni, possa derivare da uno strumento che funziona ad elettricità,
cosa che solitamente è idealmente collegata, a ragione o no, ad
un genere di timbro più asettico, più freddo. Non parlo
della sua struttura interna, perché non ci sarebbe da dire niente
di eccezionale, ma sono quelli che definirei accessori musicali
esterni, quelli che destano più curiosità: sono gli altoparlanti
esterni che caratterizzano la specifica sonorità dellOndes
Martenot. È uno strumento a tastiera e monodico, però. Spiega le differenti funzioni delle due mani. Nella tastiera di un pianoforte le due mani suonano contemporaneamente, qui invece Occorre dire, prima di tutto, che Maurice Martenot era violoncellista. Ecco bisogna ragionare in questo modo: è come se lui si fosse costruito un violoncello elettronico. Cè una tastiera, sì, ma Martenot non pensava al pianoforte, ma pensava al violoncello. La tastiera ha un ruolo del tutto differente qui rispetto al pianoforte. È piuttosto nellanello, altro elemento fondamentale dello strumento, che risiede il potenziale espressivo massimo. Lo strumento è monodico perché la monodia gli è connaturata, come ad esempio nel flauto, è la sua qualità specifica. Un suono viene dopo laltro. Martenot pensava che la musica procedesse dal monodico al polifonico. Forse pensò solo in un secondo momento di creare uno strumento polifonico. Ma la natura dellOndes Martenot non tollera la polifonia: il suono va creato, va estratto nella sua individualità, proprio come potrebbe fare un violinista. La mano destra regola laltezza dei suoni e il vibrato, la sinistra lattacco e lintensità sonora. È come in un violoncello, appunto: la mano sinistra sul manico e quella destra tiene larchetto Allincontrario cioè Sì, all'incontrario perché nel caso dellOndes Martenot la mano più virtuosa, la destra, è invece quella della tastiera. |
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