Spettacoli
       
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      There's no place like home
       
      There's no place like home di Enrico Fedrigoli
       
     

produzione Fanny & Alexander, Il Vicolo - Sezione Arte, Regione Emilia-Romagna Ministero della Gioventù - Accordo di Programma Quadro GECO

ideazione Chiara Lagani e Luigi de Angelis

drammaturgia Chiara Lagani
abiti:
BIANCA E BLU MONICA BOLZONI MODA DESIGNER
assistente ai costumi Sofia Vannini
sartoria Marta Benini
regia Luigi de Angelis

in scena Elizabeth Annable, Virginiasofia Casadio, Tolja Djokovic, Fabrizia Frizzo, Chiara Lagani, Camilla Lopez, Alice Merenda Somma, Claudia Mosconi, Chiara Renzi

promozione Valentina Ciampi
ufficio sguardi Lorenzo Donati
logistica Sergio Carioli
amministrazione Debora Pazienza e Marco Cavalcoli

Si ringraziano il Museo Archeologico Nazionale di Sarsina e la sua Direttrice Chiara Guarnieri e tutte le partecipanti dei laboratori OZ-ALFAVITA. A.A.A. (Dots)

       
     

QUESTE SCARPETTE ROSSE
HANNO UN POTERE MAGICO.
UNA DELLE COSE PIÙ STRAORDINARIE
CHE HANNO È CHE POSSONO TRASPORTARTI
IN QUALSIASI LUOGO DEL MONDO
IN TRE SOLI GESTI, E OGNI GESTO AVVERRÀ
IN UN BATTER D'OCCHIO.
TUTTO QUEL CHE DEVI FARE È BATTERE I TALLONI
UNO CONTRO L'ALTRO PER TRE VOLTE,
E ORDINARE ALLE SCARPETTE DI PORTARTI DOVE DESIDERI.

"There's no place like home" è la frase magica che Dorothy, la bambina protagonista de "Il mago di Oz" pronuncia alla fine del suo viaggio nel fantastico regno di Oz per trasferirsi prodigiosamente in un altro luogo. Nella storia infatti, Dorothy dopo aver battuto tre volte i tacchi delle sue magiche scarpette rosse sussurando questa formula riesce a tornare a casa, nel grigio Kansas, nel mondo reale.

There's no place like home parte dall'idea di questo misterioso trasferimento magico o simbolico passaggio, invertendo, in un certo senso, meta e destinazione: è possibile attraverso il battito delle scarpette creare uno scarto che conduca dal reale all'immaginario a partire dal proprio vissuto interiore, dalla propria sensibilità?
Idea di partenza è stata l'impossibilità apparente di un simile viaggio e il cortocircuito tra questa impossibilità e il desiderio del salto in un'altra dimensione.

ll lavoro parte dall’idea di un semplice gesto, un passo che vorrebbe essere magico ma che subito si interrompe, si spezza, resta incompiuto, si avvolge su se stesso a spirale come il famoso vortice del Kansas. La figuretta della bambina della grigia prateria è stata distillata a partire dai suoi attributi o qualità tradizionali: due trecce, le scarpette color rubino, l’idea del ritorno e il sentimento della nostalgia, il cane Toto, il sentiero di mattoni gialli, la tempesta et cetera. Si è insistito sulla tenuta scenica di gesti minimali, sull’entrata e uscita dalla scena, sulla nascita del gesto e sull’intensità e continuità di una presenza. Il personaggio è stato essenzializzato e ricostruito a partire dalle caratteristiche fisiche delle attrici.

Il pubblico sarà spettatore di un'attesa infinita e misterosa (che si richiama all'atmosfera di alcune famose performance dell'artista Vanessa Beecroft) e di un tentativo, quelli delle otto donne che vi troverà, otto Dorothy in cerca di una improvvisa pulsione interiore e in preda all'iterazione dei tentativi per compiere quel sospirato viaggio, il salto nel fantastico oppure il ritorno a un altrove di cui si ha infinita nostalgia, si tratti di un sogno o della pura realtà.

       
     

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