Spettacoli - Vaniada
       
      Lasciar Ada
       
     

Vaniada si configura come un'uscita. Ada e Van, al termine della loro storia, ultracentenari, idealmente fusi in un solo archetipico essere, si trovano di fronte al grande dilemma della fine: vivere dentro un'opera significa anche saper rinunciare alla propria vita quando l'opera sta volgendo al termine.

Vaniada tratta della fine dell'opera in relazione al Tempo e alla Memoria. È uno dei temi fondamentali del romanzo, eppure ci è stato possibile affrontarlo pienamente solo adesso fino in fondo. È un tema durissimo che sfugge ad ogni possibile tentativo di rappresentazione. L'opera contiene sempre un discorso sulla Memoria. Ma cosa succede se questa Memoria si fa riverbero, pura perdita, se la traccia che abbiamo inseguito finora (come solutori di enigmi della visione e detective dell'opera) si deposita vagamente sui nostri corpi imprimendovi un marchio quasi indecifrabile? Cosa accade se la Memoria diventa solo un segno indefinibile che l'opera ha lasciato o sta per lasciare su di noi? L'opera sembra allora quasi uno specchio, in cui a tratti ci è dato rifletterci. Ada e Van non potranno quasi più essere guardati, o riconosciuti, al di là delle nostre malferme sembianze.

Lo scarto per arrivare all'elaborazione di questo tema è stato prodotto ancora una volta in noi   da un meccanismo linguistico, forse il più "adesco" possibile dei giochi: la sciarada. Tutto il tema della Memoria e dei suoi ambigui riflessi ha trovato nel meccanismo linguistico proprio della sciarada, o più precisamente della "frase doppia", il suo ambiguo centro nevralgico. Cos'è una sciarada? "Per fare una sciarada basta prendere una parola e tagliarla in due parti, scegliendo con cura il punto in cui affondare un coltello immaginario. Secondo i punti di vista si può definire una sciarada come una parola che si divide e dà vita ad altre due parole, oppure come due parole che si uniscono per formarne una terza" (Lezioni di enigmistica, S. Bartezzaghi). Esempio: la sciarada = lasciar Ada. "Ma è davvero la stessa cosa?", si chiede ancora Bartezzaghi. Non proprio: "l'autore parte dalla parola intera e la divide, sperando di trovare due parole di senso compiuto. Il solutore parte dai membri e li unisce sperando di trovare una parola di senso compiuto" (corsivi miei). Ancora una volta, e sembra perfino superfluo ripeterlo, la battaglia del senso si gioca sul fronte doppio della ricomposizione del simbolo e dipenderà dall'accanita e solidale collaborazione tra chi guarda e chi è guardato.

La parola-mostro, "Vaniada", sembra ora riproporsi cupamente come un nuovo e più insondabile enigma. Dove porremo noi il coltello invisibile che ci separa da quest'opera? Lungo la nera I che divide i due nomi amati? Sì, forse proprio lungo l'ultrasottile I (E in russo), taglio lacerante, divisione-congiunzione nel titolo-parola dello spettacolo finale, quello che per concludere davvero dovrà forse arrivare a dire che non si può mai veramente concludere.

       
       
      Vaniada home | Tournée | Scheda tecnica | Gallery

 

Gli altri episodi

Speak, memory, speak | Ardis I | Villa Venus | Ardis II | Rebus per Ada | Adescamenti - il concerto | Adescamenti - il laboratorio | Aqua Marina | N, O, X | Lucinda Museum | Promenada |

       
      Torna ad inizio pagina

Torna a Spettacoli

Torna all'indice

Richiesta informazioni